I calcoli renali interessano circa il 5% della popolazione ogni anno (1.200.000 casi) e sono circa l’1% delle cause di ricovero; affliggono in misura prevalente la popolazione di sesso maschile che è colpita circa il doppio di quella femminile. L’età più a rischio è quella fra i 30 e i 50 anni. È una patologia che tende a recidivare (un 45% di probabilità di recidiva in sei anni) per cui è fondamentale, dopo la prima colica, la prevenzione di nuovi eventi.
I calcoli: - sono piccole masse costituite da cristalli di sali di calcio, magnesio o ammonio o da acido urico; essi si generano per una mancata eliminazione di sostanze minerali che, in condizioni non patologiche, avviene per mezzo delle urine. Si formano nei reni, ma possono anche spostarsi nelle vie urinarie o nella vescica. In un 40% dei casi sono bilaterali. L’analisi chimica del calcolo è fondamentale per capirne la genesi:
- 65-75%: calcio
- 10-15%: fosfati non calcarei
- 5-10%: acido urico
- 1-3%: cistina
- 5% struvite (su base infettiva)
L’esame delle urine può rilevare ipercalciuria (escrezione di calcio urinario superiore a 200 mg in una raccolta di urine nelle 24 ore o, meglio, 4 mg/Kg nelle 24 ore), iperuricosuria (che comporta un basso pH delle urine) o iperossaluria (escrezione urinaria di ossalato superiore a 45 mg nelle 24 ore). La cistinuria è invece una vera e propria malattia ereditaria.
Solo i calcoli costituiti da acido urico possono essere sciolti farmacologicamente.
Fattori facilitanti - Non sono ancora chiare le cause della patologia poiché non esistono certezze, ma solo fattori che sembrerebbero aumentare le probabilità dell’insorgere del calcolo. Sembra che il calcolo possa formarsi sia per una situazione stabile a lungo nel tempo sia per improvvise variazioni del regime alimentare (attenzione agli integratori salini e agli integratori alimentari in genere) o dello stile di vita. Fra i fattori più citati:
- la predisposizione familiare.
- uno scarso apporto di liquidi nella dieta, anche se negli anziani (che in genere tendono a non bere molto) l’insorgenza si riduce.
- l’abitudine a sudare molto in quanto l’espulsione di molti liquidi tramite il sudore non consente una diluizione del filtrato renale.
- la dieta; nei paesi industrializzati si ha prevalenza di calcoli di ossalato di calcio, dovuti solo in parte al consumo di determinati alimenti (frutta secca, barbabietole, spinaci, rabarbaro, cioccolato ecc.) perché solo una piccola parte dell’ossalato urinario deriva direttamente dall’alimentazione.
- frequenti infezioni all’apparato urinario.
- malattie predisponenti (iperparatiroidismo, postumi di fratture ossee ecc.).
I sintomi - Quando le dimensioni dei calcoli sono tali da bloccare le vie renali o l’uretere si hanno le coliche renali, episodi di forte dolore al fianco che si possono estendere anche all’addome, a volte accompagnati da altri sintomi secondari come la difficoltà a urinare, febbre e vomito. La sintomatologia è legata non tanto alla presenza del calcolo quanto dal tentativo di eliminarlo da parte dell’apparato urinario. Un calcolo renale che non si muove, non ostruisce e non è infetto non da generalmente sintomi o da un dolore modesto. Quando invece il calcolo scende nell’uretere questo si contrae per favorirne la discesa. Le contrazioni generano il dolore. La colica renale è la tipica manifestazione del calcolo ureterale: il dolore può’ essere violentissimo, tanto da essere paragonato a quello da parto; inizia nella sua forma tipica in regione lombare e si irradia anteriormente in basso verso la regione inguinale potendo interessare anche lo scroto; è un dolore crampiforme con andamento intermittente: aumenta progressivamente fino ad un apice per poi calare lentamente. Il paziente si presenta molto agitato a volte con febbre per la stasi urinaria, vomito ed ematuria. All’ecografia si possono visualizzare il calcolo e/o una dilatazione delle vie urinarie. L’Rx dell’addome evidenzia il calcolo sempre a meno che non sia di acido urico. Quando dopo una colica renale non si riesce ad evidenziare un calcolo può’ essere indicata un’urografia. Uno studio metabolico è indicato solamente in soggetti che producono molti calcoli o nei quali ci sia il sospetto di patologie metaboliche delle quali la calcolosi costituisce solamente un aspetto (gotta, sindromi da malassorbimento, ipercalcemie…). Presso il nostro centro si esegue lo studio metabolico per la valutazione del difetto metabolico.
La diagnosi – Oltre alla presenza di sangue delle urine (ematuria, non sempre visibile a occhio nudo) si può ricorrere alle seguenti tecniche diagnostiche:
- l’ecografia, in grado di identificare possibili dilatazioni del rene e delle vie urinarie o la presenza stessa dei calcoli nelle cavità renali.
- la radiografia, che non è efficace nel caso di calcoli di acido urico o cistina (trasparenti ai raggi X) o della vicinanza dei calcoli con l’apparato scheletrico.
- l‘urografia (o pielografia), esame più sofisticato che impiega un mezzo di contrasto per localizzare con precisione la posizione e la natura del calcolo.
- la TAC spirale, sicuramente l’esame più risolutivo, necessario quando le precedenti tecniche diagnostiche danno adito a dubbi.
La terapia della colica - Per il ridurre il forte dolore si somministrano per via endovenosa antispastici, antidolorifici e antinfiammatori, aspettando l’espulsione spontanea del calcolo che dall’uretere deve spostarsi in vescica. Poiché l’uretra ha dimensioni maggiori dell’uretere, di solito il problema di un blocco del calcolo nell’uretra dopo la sua espulsione dall’uretere non si manifesta.
In genere, nel caso di calcoli ureterali di piccole dimensioni (fino a 5-7 mm) l’espulsione spontanea può avvenire fra i 2 e i 15 gg.
Come terapia d’idratazione si usa spesso il colpo d’acqua: si beve un litro d’acqua in 15 minuti in modo che la spinta faciliti l’espulsione del calcolo.
Il trattamento della calcolosi – Le terapie sono essenzialmente quattro: l’asportazione per via endoscopica, la litotrissia extracorporea, la litotrissia renale percutanea il trattamento laparoscopico o robotico per la calcolosi pielica >2 cm o dei calcoli ureterali, la chirurgia a cielo aperto. L’ureterorenoscopia consiste nell’introdurre lungo l’uretere mediante cistoscopia piccolissime sonde ottiche (endoscopi) che identificano la posizione del calcolo, che viene quindi frantumato con un raggio laser (laser ad olmio) o con ultrasuoni. I frammenti dei calcoli possono essere quindi eliminati assieme alle urine oppure estratti seguendo lo stesso percorso di introduzione dell’endoscopio. L’intervento viene praticato in anestesia e nella maggior parte dei casi dura poco più di un’ora.
La litotrissia extracorporea consiste invece nel bombardare con onde d’urto generate da un litotritore, dall’esterno del corpo, la zona occupata dal calcolo che, in seguito all’interazione con le onde meccaniche, viene frantumato.
Il secondo metodo terapeutico, benché meno invasivo, ha lo svantaggio di prevedere come unica possibilità di eliminazione dei frammenti del calcolo quella naturale, tramite le urine, che non sempre risulta di facile attuazione. Per questa ragione la litotrissia extracorporea si utilizza nel caso di calcoli di piccole dimensioni (inferiori a due centimetri).
La litrotrissia renale percutanea è sicuramente la soluzione più pesante, indicata in caso di non percorribilità delle prime due strade. Viene praticata in anestesia generale; tramite un piccolo foro nel fianco si arriva al calcolo che viene prelevato o frantumato.
La chirurgia “a cielo aperto” comporta l’apertura dell’addome e oggi è riservata (non oltre il 5% dei casi) solo a calcoli di grosse dimensioni non frantumabili o a quelli a stampo, cioè che occupano tutta la pelvi e i bacinetti del rene.
L’approccio laparoscopico per la calcolosi pielica e ureterale è di recente introduzione, se vuoi saperne di più o vuoi vedere il video vai alla sezione laparoscopia.
La prevenzione
L’unico metodo di prevenzione della calcolosi renale consiste in un apporto giornaliero significativo di liquidi, in particolar modo di acque oligominerali. Alcune fonti consigliano di bere 2-3 litri di acqua al giorno, ma tale pratica andrebbe seguita rigorosamente solo per i casi in cui appare chiara una netta predisposizione del soggetto a recidive. Per i casi meno gravi, è conveniente bere normalmente, aggiungendo 300-500 ml di acqua in un’occasione particolare della giornata, per esempio la colazione (tè debolmente zuccherato, succhi di frutta ipocalorici ecc.).
La dieta – Il ruolo della dieta non è affatto chiaro.
Si parla spesso di limitare l’apporto di ossalati con l’alimentazione, ma la situazione è molto complessa. Infatti l’assorbimento di ossalati non è proporzionale solo al contenuto dei cibi assunti (peraltro il contenuto di certi alimenti dipende dalla coltivazione, dalla varietà, dalla lavorazione ecc.), ma anche alla capacità di assorbimento del soggetto e a fattori predisponenti.
Se da un lato molti autori spingono per una netta riduzione dell’assunzione di calcio (riduzione che peraltro potrebbe portare ad altri problemi come l’osteoporosi, altri sostengono che l’assunzione di 1,2-1,6 g di calcio al giorno attraverso latte e derivati rallenta le recidive. Non chiaro anche il ruolo della vitamina C: alcuni studi indicano che 4 g di vitamina C al giorno (una dose molto elevata) favoriscono la formazione di calcoli (quelli costituiti da ossalato di calcio), altri non confermano tale ipotesi. Tutti concordano nella riduzione del sale da cucina che aumenta la concentrazione del calcio nelle urine.
L’attività fisica – Una regolare attività fisica è da tutti consigliata. Si deve però notare che alcuni sport di resistenza (corsa, marcia, triathlon ecc.) se praticati in modo intensivo (per esempio più di 70-80 km alla settimana) favoriscono il turn-over del calcio (rimodellamento osseo più veloce) e quindi diventano fattori predisponenti.